testo Eugenio Barba
L’arboreto Edizioni
Mondaino, aprile 2010
Direzione: Fabio Biondi
Coordinamento: Simonetta Piscaglia
in collaborazione con Manuela Macaluso
Cura redazionale: Sabrina Raggini
Ideazione e realizzazione grafica: Lucrezia Gismondi
Pagine: 108
Rilegatura: in brossura
Dimensione: 15x21x1 cm
Prezzo di copertina: € 15,00
ISBN: 978-88-902681-8-2
Fra i molti libri pubblicati da Eugenio Barba, queste Prediche dal giardino sono forse la raccolta più sorprendente, umile e rivelatrice. Da un lato, scritti occasionali e ufficiali, che rientrano nel genere delle lezioni magistrali in risposta al conferimento di lauree e dottorati honoris causa. Dall’altro, scritti denudati, in cui l’autore, quasi per sormontare la difficoltà d’onorare l’occasione senza aderirvi, affronta direttamente, da differenti angolature, la domanda sul perché fare teatro.
Le diverse sfaccettature che compongono la figura di Eugenio Barba – uomo d’azione, politico e maestro nell’aggregare e nel motivare le più diverse persone, ma anche artista solitario sprofondato nel proprio buio, fra i lampi delle sue visioni – si confrontano in questo libro quasi senza mediazioni, con l’estro, lo straniamento e l’aplomb d’un attore che si recita senza mentirsi.
Fra gli artisti che hanno profondamente segnato la storia del teatro del secondo Novecento, Eugenio Barba è il solo ad aver lavorato in maniera innovativa in tutti i campi della cultura teatrale: la creazione artistica; la trasmissione delle tecniche e del sapere professionale; il lavoro sulla memoria storica; la ricerca scientifica; l’uso del teatro nel contesto sociale, come strumento per l’attivazione di relazioni fra gruppi, etnie e culture diverse. In sintesi, il complesso delle sue attività può essere definito come l’esempio di una reinvenzione globale del teatro come “isola di libertà”, un’espressione, quest’ultima, che a Barba è molto cara. […]
Eugenio Barba , 1936, cresce a Gallipoli nel Salento. Dopo la licenza liceale, nel 1954, viaggia a lungo in autostop nei paesi del Nord. Si stabilisce a Oslo. Lavora come lattoniere nell’officina di Eigil Winnje. Nel 1956 e nel 1957 è mozzo addetto alle macchine su un cargo e una petroliera norvegesi con scali in Africa, Asia, America Latina e America del Nord. Rientrato a Oslo si iscrive all’università che termina diplomandosi in Letteratura Francese e Norvegese e Storia delle Religioni. Riprende il proprio lavoro d’operaio e si lega agli ambienti della sinistra studentesca. Nel 1960 vive sei mesi in un kibbutz in Israele. Ottiene una borsa di studio per la Scuola Teatrale di Varsavia, corso di regia. La abbandona nel 1961 per lavorare con un piccolo teatro sperimentale nella cittadina di Opole, diretto dal giovane e sconosciuto regista Jerzy Grotowski e dal noto critico Ludwik Flaszen. Vi resta fino all’aprile del 1964, alternando il lavoro d’aiuto regista con viaggi in Europa – per diffondere le notizie sull’attività di Grotowski – e un soggiorno nel sud dell’India per studiare il Kathakali.
Nell’ottobre del 1964 fonda a Oslo l’Odin Teatret. Due anni dopo, con il suo teatro emigra in Danimarca, nella piccola città di Holstebro. In quasi cinquant’anni di attività, l’Odin Teatret ed Eugenio Barba sono divenuti una leggenda del teatro contemporaneo. Un pugno di persone che si sono guadagnate l’influenza di un’indipendente tradizione teatrale. Creano un proprio modo di trasmettere le esperienze sia in pratica (con un’intensa attività di seminari e stage), che pubblicando libri e documenti filmati. Contribuiscono in maniera innovativa alla crescita della “scienza del teatro”: nel 1979, Eugenio Barba fonda l’ISTA, International School of Theatre Anthropology, e nel 2002 il Centre for Theatre Laboratory Studies.
Al cuore di questa imponente attività d’autonoma politica culturale, a darle il senso e il valore d’una conquistata differenza, vi è l’incandescenza degli spettacoli che Eugenio Barba ha creato con il suo piccolo gruppo di attori, spettacoli (come Ferai, La casa del padre, Ceneri di Brecht, Il Vangelo di Oxyrhincus, Itsi Bitsi, Dentro lo scheletro della balena, Il sogno di Andersen ) che affrontano l’orrore della Storia e si fissano potentemente nella memoria e nella coscienza di migliaia di spettatori sparsi qua e là per il mondo.
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