Data / Ora
19 Maggio 2015 - 28 Maggio 2015
Categoria
residenza creativa per la produzione del nuovo spettacolo di Muta Imago
– primo periodo –
ideazione Muta Imago
regia Claudia Sorace
drammaturgia Riccardo Fazi
performer Jonathan Schatz
flauto Karin de Fleyt
soprano Valérie Vervoort
composizione elettronica Juan Parra Cancino e Riccardo Fazi
sprecher in via di definizione
consulenza al progetto Alessandro Taverna
consulenza etica ed estetica Daniel Blanga Gubbay
supporto alle ricerche Brent Wetters
aiuto regia Chiara Caimmi
direzione tecnica Maria Elena Fusacchia
riprese video in via di definizione
sound design Fabio Vignaroli
costumi Jonne Sikkema
organizzazione Agnese Nepa
produzione Muta Imago, Sagra Musicale Malatestiana, Romaeuropa Festival
in collaborazione con Kunstencentrum Vooruit – Gent, Matterhorn VZW Antwerp, AMAT Marche, Santarcangelo Festival 2015, L’Arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, Rialto Sant’Ambrogio, Carrozzerie n.o.t.
“Hyperion è il poeta che vive incompreso nel mondo e a sua volta non comprende il mondo circostante.
Due mondi, pertanto, ognuno, un caos”
Bruno Maderna
Qual è il posto dell’uomo nel mondo?
Questa è la domanda principale sollevata da questo lavoro.
Maderna ha scritto Hyperion nella forma di un’opera aperta anche perché, forse, non può esserci risposta a questa domanda: la vita di ogni uomo è instabile, in continuo movimento, e così sarà per sempre.
“εν διαφερον εαυτω”, l’uno distinto in se stesso: questa contraddizione interna ci costituisce e ci identifica.
L’unica realtà che Hyperion può conoscere è quella della lotta, del conflitto: una lotta in atto da sempre, che non conosce vinti né vincitori. Una lotta che l’uomo a volte decide di combattere per riuscire ad afferrare frammenti di bellezza e di unità, per cercare di creare intorno a sé lo spazio e il tempo di un respiro che possa sollevarlo dall’ alienazione e dal disperato finalismo del mondo in cui vive.
Un mondo che oggi, sempre più, segue inesorabile il proprio corso, come un fiume in piena, una potenza cieca e implacabile che sembra apparentemente negare qualsiasi possibilità di azione, qualsiasi possibile gesto finalizzato ad aprire una breccia, a costruire una diga, a prendere una posizione.
Hyperion cerca, in questo mondo, lo spazio di una possibilità. E non trova pace, in questa ricerca. Cade, si rialza, poi cade di nuovo. E’ un uomo che agisce, gioca, e giocando si riguarda, e cerca di capire qual’è il suo luogo. Questa è la condizione che vogliamo mettere in scena.
Il lavoro di Bruno Maderna contiene una singola grande verità: il posto dell’uomo è nella sua umanità, è vicino a se stesso e alla sua natura. E dato che questa condizione non gli è concessa, allora deve combattere per ottenerla. Deve compiere un atto di sottrazione rispetto ai propri compiti e agire per aprire intorno a sé uno scarto tra ciò che è permesso e ciò che è possibile.
Hyperion è un bambino. Hyperion è un artista. Hyperion è un terrorista. Hyperion è un leader.
Chi è Hyperion, per noi, oggi?
Da dove viene la sua solitudine?
Dove risiede, oggi, l’orrore della tecnica che sopravanza le nostre singole vite?
In quale natura possiamo trovare la salvezza?
Qual è il nostro passato ideale?
Dov’è la nostra casa?
Così tante domande, tutte sulle spalle di un solo uomo e del suo racconto.
Hyperion non è una composizione per il teatro, non è un’opera: è una lirica che Maderna lancia come una sfida, affinché venga messa “in forma di spettacolo”. E’ un mosaico di opere sparse, correlate tra loro soltanto dall’ ispirazione primigenia legata all’Hyperion di Holderlin, alla lotta tra l’individuo e la società, tra il desiderio e la nostalgia che questo testo incarna. Un mosaico che Maderna stesso non poteva fare a meno di ricomporre ad ogni occasione di presentazione del lavoro, che fosse in forma scenica o in versione da concerto, dando così forma alle numerose versioni dell’opera che sono arrivate fino a noi. Una lotta, la sua, pari a quella del suo protagonista, e che arriva alle stesse conseguenze: Maderna decide di mettersi da parte come artista, di fare un passo a lato rispetto alla propria responsabilità di creatore, nel nome della possibilità di un’apertura, della creazione di uno spazio incerto. Un lavoro che si è dipanato lungo gli anni, a partire dalla prima messinscena del 1964 alla Biennale di Venezia, fino alla versione da concerto del 1969/70, quella Suite aus der Oper Hyperion che molti ritengono la formulazione più compiuta e riuscita dell’autore.
Il senso e la forma di questo cammino vorremmo indagare e riportare sulla scena.
In scena avremo un flautista, un soprano, un musicista elettronico, un performer e un’orchestra fantasma.
Il flauto, ovviamente, Hyperion stesso, il protagonista di molte partiture di Maderna; il soprano, che rappresenta la figura di Diotima, e che dà voce al lamento del protagonista. Sono entrambe figure fondamentali dell’Hyperion. Ma una funzione essenziale viene svolta anche dell’orchestra: un continuo contrappunto con il quale le voci soliste del flauto e del soprano devono costantemente confrontarsi, metafora prima del rapporto tra il poeta e la realtà che lo circonda, due mondi che reciprocamente si attaccano, si seguono, si guidano a vicenda. Noi non avremo un’orchestra reale sul palco, in carne e ossa. La nostra orchestra sarà composta delle tracce di orchestre passate.
Andremo in cerca degli Hyperion passati. La tessitura sonora orchestrale sarà composta dai brani registrati delle esecuzioni passate dell’Hyperion eseguite da Maderna mentre era in vita. Andremo in cerca di queste tracce, negli archivi e nelle biblioteche, a Basilea, Bologna, Darmstadt, Berlino, Bruxelles. E restituiremo loro una voce. La nostra orchestra sarà il suono dell’utopia che Hyperion cerca di raggiungere: invertendo la tipica caratterizzazione maderniana di questo personaggio musicale, considereremo l’orchestra, e il suo suono pieno, completo e oggi meccanizzato, come la voce del futuro / passato che Hyperion sogna e per il quale combatte. E la continuità tra presente e passato, in cui Maderna credeva fortemente, il rapporto con la storia, oppositivo, mai risolto, si concretizzeranno materialmente in scena, nell’azione del perfomer e dei musicisti che dovranno confrontarsi con queste tracce usando come arma gli strumenti che fanno di loro degli esseri umani: la voce, il corpo, l’immaginazione.
Lo spettacolo Pictures from Gihan che ha debuttato nel novembre 2013 al Romaeuropa Festival, i progetti Una settima nella vita e Art you lost? quest’ultimo realizzato insieme a Luca Brinchi, Roberta Zanardo, Matteo Angius e la compagnia lacasadargilla sono gli ultimi lavori prodotti.
(a + b)3 (2007), Lev (2008), Madeleine (2009), La rabbia rossa (2010), Displace (2011) sono stati ospitati dai più importanti festival nazionali, tra cui RomaEuropa Festival, Napoli Teatro Festival Italia, Vie Scena Contemporanea Festival, Biennale Teatro, Santarcangelo International Festival of the Arts, Inteatro Festival, Bassano Opera Festival, Primavera dei Teatri, Biennale dei Giovani Artisti d’Europa e del Mediterraneo; e in diversi festival internazionali tra cui Premiéres Festival (Strasbourg), Festival International des Brigittines (Bruxelles), Théâtre de la Ville (Paris), Festival Cyl (Salamanca), Fadjr Festival (Teheran), Bipod Festival (Beirut), Clipa Aduma Festival (Tel Aviv), Unidram Festival (Potsdam), Temps d’Images (Cluj-Napoca, Budapest), Teatro/Theater: Italienischer Theaterherbst (Berlin), Escrita Na Pasaigem (Evora), Na Strastnom (Mosca), Sirenos Festival (Vilnius), Mot Festival (Skopje).
Negli anni Muta Imago è stato finanziato produttivamente da: RomaEuropa Festival, Napoli Teatro Festival, Festival delle Colline Torinesi, Fabbrica Europa, Bassano OperaEstate Festival, Artlink Association Romania, Centro Valeria Moriconi, Inteatro Festival; dalla Regione Lazio e dal Ministero dei Beni Culturali.
Nel 2009 la compagnia ha vinto il Premio Speciale Ubu, il Premio della critica dell’ Associazione Nazionale dei Critici di Teatro E il premio DE.MO./Movin’UP. Nello stesso anno Claudia Sorace ha vinto il Premio Cavalierato Giovanile della Provincia di Roma e il Premio Internazionale Valeria Moriconi come “Futuro della scena”. Nel 2011 ha vinto il premio come migliore regia e migliore spettacolo al XXIX Fadjr Festival di Tehran.
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