Mondaino. Lo racconteremmo rotondo, avvolgente, verde e musicale.
Rotondo come la sua piazza, avvolgente come il calore e la generosità che la sua gente dimostra ai forestieri, verde come tutta quella macchia di campagna che si allarga intorno alle case, musicale come la presenza della banda municipale, della MYO, la Mondaino Young Orchestra e della fabbrica di fisarmoniche dei fratelli Galanti. È un paese semplice quello che si immagina arrivando, quando svoltando si incrociano i primi sguardi degli avventori del bar fuori porta, i piccoli e operosi negozi disposti in fila prima dell’arco che suggella l’ingresso al centro.
Non siamo lontani da nulla ma è come se fossimo già entrati in un altro tempo.
In quel tempo dove esiste solo il necessario e dove si intuisce che il superfluo può essere dimenticato volentieri. Siamo a venti chilometri dall’Adriatico e da Riccione, nella Valle del Conca sul confine tra Romagna e Marche. Qui gli Etruschi, nella loro espansione verso la pianura padana, si sovrapposero agli Umbri. Poi furono i Romani a dover arginare l’invasione dei Galli. Il mito dell’origine del paese è legato alla figura di Diana, dea della caccia e dei boschi, ma anche della luna e delle streghe. Oppure Mondaino come monte dei daini quelli che ancora oggi si possono incontrare nelle colline di questa zona.
A piedi. Oltrepassando Porta Marina, ci si trova in Piazza Maggiore, costruzione tra le più interessanti dell’ottocento riminese. La sua forma semicircolare definita dal porticato neoclassico si deve all’ingegno dell’architetto Cosci. Nel suo spazio tondeggiante s’innesta la via centrale del paese, tanto che gli abitanti sono soliti definirla affettuosamente piazza padella. È qui nella piazza che si concentra tutta la vita del paese: le chiacchiere e le decisioni importanti, le feste, i banchetti, l’ospitalità,gli scambi. Sulla piazza si affaccia la rocca malatestiana saldamente appoggiata su un potente muro, ornata di un’elegante merlatura ghibellina, una vista mozzafiato sul suo culmine e passaggi segreti nelle sue fondamenta. Originariamente la cinta muraria contava tredici torrioni, qualità che fece commentare a Federico da Montefeltro: “luogo forte et importante, che a nessun patto può essere conquistato”. All’interno della rocca si trovano il municipio, la biblioteca e il museo paleontologico, dove sono custoditi e catalogati, importanti fossili, reperti di flora e fauna preistorica che si ritrovano impressi, calcati, imprigionati nei friabili strati di roccia sedimentaria qui depositate circa quattro milioni di anni fa. Nella sala del Durantino all’ultimo piano è conservato l’affresco raffigurante la Madonna del latte e lungo le scale va osservata la preziosa mostra/raccolta di maioliche rinascimentali. All’interno della Torre Portaia è stata effettuata una accurata ricostruzione storica di un corpo di guardia. Tutti gli arredi, le armi, le suppellettili e anche i giochi, sono stati realizzati da artigiani specializzati selezionati in tutta Europa. Rifacendosi alla documentazione storica sia scritta che iconografica, si è così riusciti a riprodurre quella che doveva essere l’atmosfera di quegli ambienti intorno alla metà del 1400.
Perché per gli abitanti di questo paese scoprire, studiare, valorizzare e mantenere in vita le tradizioni e le origini è una questione importante, vitale. Piazza d’incontro, laboratorio di produzione e vendita di ceramiche, situato all’ingresso del paese ne è un esempio concreto così come il laboratorio di mosaico e il laboratorio di restauro del trecento. Infine, il progetto delle Botteghe d’arte artigianale per i bambini, un nuovo progetto che vede noi de L’arboreto assieme all’amministrazione, il sistema museale, gli artigiani e la comunità alleati e determinati a collegare al futuro questa cura per le radici, la storia e le tradizioni.
E poi la festa, il Palio del Daino, la rivisitazione storica più coinvolgente della signoria. È un rigoroso e ammaliante cambio di atmosfera con i sapori del medioevo, i saperi degli antichi mestieri, un ritorno di giochi, danze e menestrelli.
Lungo la strada c’è la chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo, una bella e spaziosa costruzione dove si dice sorgesse l’antico tempio dedicato a Diana. Qualche passo dopo si intravede il Convento delle Clarisse un affascinante spazio con numerosi edifici di epoche diverse e un bel giardino interno.
Oltrepassando Porta Montanara ci si trova fuori dal centro storico, lasciandosi alle spalle oltre ai monumenti anche accoglienti osterie pronte ad offrire ai viandanti mangiari gustosi e vini prelibati. Sul colle Formosino si trova il convento di San Francesco. È qui che nel 1459 fu firmata la pace tra i Malatesta e i Montefeltro.
E da quel giorno Mondaino è anche il paese dei patti. Un luogo in cui ancora si può trovare la tranquillità giusta per stringere accordi importanti o semplicemente per un dialogo sincero.
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